a cura di Vito Catalano
PUBBLICATI DA:
Nel dicembre del 1985, Ian Thomson prese il treno Roma-Palermo per andare a incontrare Leonardo Sciascia: ecco il racconto di quel viaggio e di quell’incontro, originariamente pubblicato sul London Magazine nel 1987. Il testo, che oggi appare per la prima volta in italiano, è accompagnato da una breve premessa dell’autore, da una nota della traduttrice Adele Maria Troisi, anglista di Racalmuto, e dalle lettere che Sciascia e Thomson si scambiarono prima e dopo il loro incontro.
Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia insieme, uno di fronte all’altro. Infrangendo le barriere del tempo, in una dimensione sospesa fra sogno e memoria, protagonisti di un dialogo sincero, illuminante, chiarificatore. È quanto ha ideato Matteo Collura, biografo di entrambi, in questa Conversazione (im)possibile, in cui si immagina Sciascia finalmente a colloquio con uno dei suoi autori preferiti, forse la più determinante delle sue bussole letterarie; Pirandello, di fronte a lui, sconosciuto personaggio misteriosamente impostosi all’attenzione del venerato Maestro. Ed è nel corso della conversazione, ora resa possibile dalla fantasia di Matteo Collura, che l’autore dei Sei personaggi (per ragioni anagrafiche totalmente all’oscuro di quanto scritto da Sciascia), battuta dopo battuta, uno svelamento dopo l’altro, impara a conoscere il suo inaspettato interlocutore e il senso della sua straordinaria opera letteraria.
Una raccolta di brevi saggi in cui ogni testo è connotato da una figura o da un tema, ma sulla scena è sempre Sciascia: la sua erudizione e la sua curiosità, la sua umanità e la sua intuizione. Dall’amicizia con la scrittrice e traduttrice russa Cecilia Kin alla scoperta delle relazioni di un ufficiale impegnato nella lotta al brigantaggio in Puglia nell’Ottocento, dal rapporto con Danilo Dolci all’amore per Stendhal fino al lavoro a un’antologia scolastica. Leonardo Sciascia colto in momenti e aspetti poco noti da Antonio Motta, cultore dell’opera dello scrittore di Racalmuto e fondatore a San Marco in Lamis del Centro Documentazione Leonardo Sciascia-Archivio del Novecento. In appendice le lettere che Sciascia scrisse a Motta fra il 1976 e il 1989.
Federico Campbell (1941-2014) è stato un giornalista, narratore, saggista ed editore messicano. Quando scoprì i romanzi di Leonardo Sciascia, nel 1978, lo scrittore siciliano diventò per lui un punto di riferimento imprescindibile. Si conobbero di persona nel 1985, a Palermo: fu l’inizio di una bella amicizia, testimoniata dal carteggio qui riprodotto. Questo volume offre una lettura delle maggiori opere di Campbell a confronto col maestro siciliano: potere e memoria sono, infatti, due parole-chiave dell’opera dei due scrittori. I grandi temi di interesse, gli spunti di riflessione sulla politica e sulla società, l’instancabile vena critica e polemica accostano Campbell a Sciascia e rappresentano un ponte fra letterature, storie e culture. Del resto Campbell pubblicò nel 1989 La memoria di Sciascia: una raccolta di articoli che viene considerata tra le migliori introduzioni alla figura dell’autore di Racalmuto.
Il forte legame di Leonardo Sciascia con la Spagna si manifesta in modo interessante e originale attraverso le interviste che lo scrittore rilasciò nel corso di quindici anni per la stampa, la radio e la televisione. Questo libro racconta le conversazioni dello scrittore racalmutese con figure di spicco del giornalismo spagnolo come Jorge Semprún, Fernando Sánchez Dragó, Blanca Berasategui e Ignacio Ramonet ed è arricchito da testimonianze e ricordi. Le circostanze in cui gli incontri avvennero e il talento degli interlocutori fanno da cornice a uno “Sciascia orale” che rivela alcuni aspetti poco noti della sua personalità e del suo pensiero, evidenziando allo stesso tempo la profonda impronta che questo siciliano universale ha lasciato nel paese di Ortega, Unamuno e Cervantes.
Nell’autunno del 1987 Leonardo Sciascia pubblica Porte aperte, ispirato a un caso giudiziario del 1937 di cui aveva precisa memoria: protagonista della vicenda un giudice di Racalmuto, Salvatore Petrone. A Rita Cirio che lo intervista su L’Espresso, Sciascia dice: «Il giudice è morto. L’ho conosciuto, gli ho parlato. Ed è curioso: chi lo ricorda ne parla come di un giudice durissimo. Ma questa sua durezza, da un certo momento della sua vita, lui ha saputo dimostrarla contro la pena di morte, con la piena consapevolezza del rischio. A me è sempre parso un uomo bonario, sereno; e di buone letture, ma non so se si riconoscerebbe nel personaggio del mio racconto». Mario Genco, subito dopo la morte di Sciascia, pubblicò un’inchiesta proprio sul personaggio che aveva ispirato lo scrittore racalmutese: partendo da un grande libro ecco un’indagine attenta e suggestiva in cui la sensibilità letteraria si intreccia al fiuto del cronista.
Discutevano di un “Processo” Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini, nell’ultimo tempo che precedette l’assassinio del poeta: un processo all’intera classe politica italiana. E se Pasolini ne aveva puntigliosamente formulato i capi d’imputazione, Sciascia, in Todo modo, ne aveva di fatto esteso la terribile sentenza. Di quel processo, di lì a poco, il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro avrebbero rappresentato una tragica allegoria. Ma ben diversamente sarebbe accaduto quindici anni dopo: ché davvero, allora, l’intera classe politica italiana sarebbe stata pubblicamente “processata” e l’assise dibattimentale chiamata a giudicare delle accuse rivolte a uno sconosciuto consulente finanziario di nome Sergio Cusani sarebbe assurta a palcoscenico carnevalesco del linciaggio rituale di tutto il sistema dei partiti. Terrificante è il processo quando fedi, credenze, superstizioni, ragion di Stato o ragion di fazione lo dominano o vi si insinuano, aveva detto Sciascia. Memore di quell’ammonimento, questo librino attinge da verità letterarie e verità processuali per interrogarsi sul senso e sullo scopo di quel “Processo”: nel tentativo di cavarne una qualche verità che, oltre la cronaca, possa valere a futura memoria.